Quel mitico primo gol della Nazionale. Pasolini: “All’inizio fu difficile realizzare”

All’alba degli anni ’90 la Nazionale di San Marino, dopo una sorta di “apprendistato” condotto fuori dai circuiti ufficiali, iniziò davvero a fare sul serio. Di colpo, quella squadra che qualche anno prima aveva avuto il primo assaggio di ‘”internazionalità” disputando un’amichevole non ufficiale contro la Selezione Olimpica del Canada, e successivamente  i Giochi del Mediterraneo in Siria, si ritrova a condividere lo stesso cammino assieme alle grandi Nazionali d’Europa. Quelle fin lì ammirate in TV e che già da lungo tempo erano abituate a lottare per un posto nelle grandi competizioni continentali e planetarie.

La prima avventura di San Marino dopo le affiliazioni UEFA e FIFA è quella che conduce all’Europeo del 1992, e per il CT Leoni ed i suoi ragazzi inizia ufficialmente il 14 novembre 1990. A Serravalle c’è la Svizzera. Poche settimane dopo arriva il momento di affrontare la prima trasferta, in casa della Romania. In primavera sono invece i rumeni a rendere visita ai sammarinesi. Vinceranno gli ospiti, ma per la giovanissima Selezione di casa la serata sarà comunque memorabile: davanti al pubblico amico, i Titani possono festeggiare il primo gol marchiato UEFA. È il mancino di Valdes Pasolini, Biancoazzurro della primissima ora (ovvero fin dai tempi della storica amichevole con il Canada), a spingere quel pallone destinato ad entrare negli annali del calcio del nostro Paese. “È stato un momento molto emozionante, che tutti noi aspettavamo da tempo – rievoca l’allora numero 11 sammarineseForse per la tensione della partita, lì per lì non avevamo realizzato subito cosa fosse accaduto. Ci sembrava quasi incredibile, anche perché stavamo perdendo 1-0 e quel gol servì a riportare il risultato in parità, anche se solo provvisoriamente.”

Un gol arrivato non su azione ma su calcio di rigore. La dinamica di quei frangenti, Valdes la ricorda molto bene: “Fu il portiere rumeno a provocare quel rigore commettendo fallo sul nostro attaccante Giampaolo Mazza. Fu forse un rigore un po’ generoso, ma tant’è. I ‘papabili’ per la battuta eravamo io e Bruno Muccioli: ho chiesto al mio compagno di poterlo tirare io, perché mi sentivo molto tranquillo. Talmente tranquillo che, a dirla tutta, solo quando ho visto la palla entrare ho realizzato in pieno la situazione: è in quel momento che mi sono reso conto di cosa avrebbe comportato un eventuale mio errore o una parata del portiere. Ma è andata come doveva andare e ovviamente ne fummo tutti felici.”

Felici anche perché si trattava della prima gioia ‘ufficiale’ in un cammino che, specialmente sotto le insegne UEFA e FIFA, era iniziato davvero da pochissimo. “Quelli erano i primi passi che muoveva la nostra Nazionale. Nessuno di noi, a parte Bonini e Macina, era abituato a confrontarsi con giocatori professionisti, per giunta di livello internazionale. Oggi i nostri ragazzi approdano in Nazionale maggiore dopo aver fatto il percorso delle Nazionali giovanili, quindi un minimo di esperienza in campo internazionale la accumulano. Noi no: noi fummo catapultati direttamente in Nazionale maggiore. Dovemmo adattarci in fretta a quei palcoscenici, ma attorno a noi si respirava un’atmosfera talmente bella che, oggi, ognuno di quei ragazzi, me compreso, conserva un ricordo fantastico ed indelebile di quel periodo.”

Una volta completato quel percorso, Valdes si assenta momentaneamente dal giro della Nazionale, per rientrarci anni dopo sotto la guida di un vecchio compagno di squadra. “Rientrai quando sulla panchina sedeva Massimo Bonini. Di tutta l’esperienza fatta con la Nazionale conservo un gran numero di ricordi: partite contro campioni come David Platt, Clarence Seedorf e altri. Oppure l’amichevole contro l’Italia di Sacchi, a Cesena. Sono momenti che mi rimarranno sempre nel cuore.”

Già, ma ce n’è uno più speciale degli altri? Il gol contro la Romania rappresenta l’emozione più forte, ma riservo un posto particolare anche per eventi come il primo pareggio, lo 0-0 in casa con la Turchia, o per la gara nel mitico stadio di Wembley, o per quella con l’Olanda dei fuoriclasse all’Amsterdam Arena, che peraltro il Tulipani “inaugurarono” proprio quella sera contro di noi. Era il marzo 1997 e disputavamo le qualificazioni al Mondiale dell’anno successivo.”

Insomma, una carriera piena di tappe memorabili. Ma che a livello di club, per il mancino Pasolini, si svolse prevalentemente fuori dai confini nazionali. “Giocavo da trequartista o da esterno alto a sinistra. Poi, negli ultimi anni, mi sono trasformato in una centrocampista centrale. Usavo prevalentemente il piede mancino ed avevo una buona tecnica. Ho sempre giocato in Italia fino alla parte finale della mia carriera. A 15 anni sono andato al Rimini dove ho fatto tutta la trafila delle giovanili fino alla formazione Primavera, nella quale ho giocato due anni. Poi mi sono trasferito al Real Montecchio prima di passare al San Marino. Dopo una parentesi alla Juvenes, ho giocato sei anni al Ponte Verucchio, ed infine sono tornato alla ‘casa madre’ Cosmos, società per la quale ero sempre stato tesserato e della quale sono attualmente dirigente.

Ora che il calcio è temporaneamente fermo, gettare uno sguardo nostalgico al passato è lecito. Anche per Valdes. Ma senza con questo rinunciare ad una prospettiva futura che abbracci non solo l’amato Cosmos, ma tutto il calcio di casa nostra. “Proprio in questo periodo, essendo costretto a casa come tutti, ho voluto riguardarmi le maglie cheho ricevuto dagli avversari quando, a fine partita, ce le scambiavamo. La situazione che stiamo vivendo è molto brutta, ma mi auguro che possa risolversi al più presto. Per il bene di tutti. E per il bene anche del calcio sammarinese, che sta crescendo anno dopo anno. Resta molto da fare, ma credo che la strada sia quella giusta e, ad emergenza finita, bisognerà riprendere quel filo, continuare a lavorare così, puntando ad un miglioramento continuo e mantenendo un’attenzione particolare sul nostro settore giovanile.”


FSGC | Ufficio Stampa

 

 

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