Under 21: il biennio storico raccontato da capitan Colombini
C’è filo invisibile che lega tre momenti magici nella storia della Nazionale Under 21: il primo pareggio, la prima vittoria sul campo, il secondo pareggio. Non può essere un caso se tre pagine così importanti negli annali di questa squadra siano state scritte nel giro di nemmeno due anni. La fortuna non c’entra. C’entra il lavoro. C’entra la passione. C’entra la capacità di credere nell’obiettivo. E soprattutto, c’entra la determinazione, la voglia di difendere fino in fondo quel “tesoro” inestimabile rappresentato dal risultato, merce purtroppo rara per le nostre Nazionali. E quindi ancor più preziosa.
Eugenio Colombini era in campo quando la Nazionale Under 21 festeggiò la prima, storica vittoria. Quella sera – era il 6 settembre 2013 – fu 1-0 con il Galles. In casa. Con gol-partita di Juri Biordi. In passato ne erano arrivati altri due, di successi, ma a tavolino. A livello di soddisfazione, di gioia pura, non c’è paragone. Non può esserci paragone. Ed è così che l’allora capitano dei Biancoazzurrini ricorda quel momento in cui il tempo parve fermarsi: “Al triplice fischio abbiamo finalmente realizzato che tutti i sogni, i sacrifici, gli sforzi fatti si erano realmente concretizzati in qualcosa. – racconta Colombini – Qualcosa di meravigliosamente grande per una realtà piccola come la nostra. La cosa più difficile era stata mantenere i nervi saldi e l’attenzione alta per una parte davvero lunga della gara. Perché dal momento del vantaggio fino al fischio finale passarono 70 minuti. E ci parvero interminabili.”
Ma quel gruppo aveva già assaporato la gioia di un risultato storico. Lo aveva fatto nel giugno dell’anno prima, sempre a Serravalle. Avversaria, la Grecia. Un pareggio a reti inviolate a cui Eugenio, già nel giro della Nazionale Under 21, non potè partecipare in prima persona. Ma che ritiene essenziale per ciò che sarebbe avvenuto dopo: “Quello è stato un trampolino di lancio importante per noi. Finalmente iniziavamo ad acquisire consapevolezza delle nostre capacità e delle nostre potenzialità. È stata la dimostrazione di quanto la determinazione ed organizzazione da parte di un gruppo fossero importanti per arrivare ad un obiettivo. E di come grazie a queste qualità fondamentali si potessero centrare risultati fino ad allora quasi inimmaginabili.”
Quando Juri Biordi, di testa, spinse quel pallone nella porta del Galles, fu festa grande in campo ed in panchina. Ovviamente. Ma durò poco. La parte più impervia della montagna restava ancora da scalare. E la vetta pareva maledettamente lontana. “Archiviammo subito l’esultanza e ci mettemmo l’elmetto in testa per difendere quel risultato. Fu difficilissimo, perché non c’era una situazione identica, nella nostra memoria calcistica, su cui fare affidamento. A cui ispirarci. Non c’era altro da fare se non tirare fuori tutta la grinta di cui eravamo capaci in quel momento. E ognuno di noi l’ha fatto. L’adrenalina che avevamo in corpo ha superato la stanchezza e la paura di non farcela. Tutti volevamo portare a casa quella partita. Ad ogni costo. Anche perché due volte, con la Lituania, avevamo visto sfumare un risultato positivo nei minuti finali: non volevamo assolutamente che una situazione simile si ripetesse ancora.”
In effetti, neanche un mese prima, la formazione balcanica si era imposta 1-0 a San Marino segnando al 4’ di recupero. In Lituania, invece, era finita 2-1. Lì aveva segnato lo stesso Juri Biordi, che peraltro era all’esordio. Fu il gol del momentaneo pareggio, che alla fine svanì. Beffardamente. Quella sera contro il Galles, invece, la zuccata del difensore-goleador valse il bottino pieno. Fu un gol dal sapore di rivincita, insomma. “La partita era piuttosto equilibrata. Sapevamo che le palle inattive rappresentavano un’occasione importante per noi e infatti, circa a metà del primo tempo, Juri ha segnato sfruttando proprio una punizione sulla tre quarti. Aveva già fatto gol in Lituania da calcio d’angolo e sapevamo quanto fosse fondamentale, per noi, avere un difensore con quelle caratteristiche fisiche e bravo nel gioco aereo. Dopo il vantaggio abbiamo alzato al massimo l’attenzione, anche perché ci aspettavamo una risposta immediata da parte dei gallesi. Abbiamo tenuto duro e alla fine abbiamo avuto ragione noi.”
Triplice fischio, primi tre punti sul campo. Un sogno divenuto realtà. E adeguatamente festeggiato negli spogliatoi. Ma anche dopo. “Un’impresa simile meritava di essere festeggiata come si deve. Perciò abbiamo continuato la serata con una cena di squadra. Poi siamo andati tutti in discoteca. Questa serata, come anche altre, hanno certamente contribuito a forgiare quella che era la nostra qualità migliore: il gruppo. Perché sono sicuro sia stato proprio questo aspetto, l’unione di spogliatoio, a permetterci di giungere a tali risultati.”
In effetti quel gruppo seppe andare oltre un cambio di allenatore e nel marzo successivo, con il CT Mirco Papini al debutto, era di nuovo impegnato a festeggiare un risultato positivo. Stavolta un pareggio: 0-0 con la Finlandia. Questo permise ai Biancoazzurrini di chiudere il girone con 4 punti all’attivo, qualcosa che a San Marino non si vede tutti i giorni. “I due risultati ottenuti in quel percorso di qualificazione si possono tranquillamente considerare ‘imparentati’ fra loro, perché il gruppo rimase sostanzialmente lo stesso. – il pensiero di Colombini – Mister Papini, così come mister Manzaroli, preparava le partite al meglio, analizzando ogni singolo dettaglio. Questo, unito alla nostra tenacia, poteva spingerci oltre quelli che potevano essere i nostri limiti. E devo dire che fummo anche bravi ad adattarci in tempi record ad un’idea di gioco piuttosto diversa dalla precedente. Lo 0-0 con la Finlandia fu la conferma di quanto di buono avessimo fatto in quello splendido biennio. E fu figlio senz’altro anche dell’autostima guadagnata grazie al successo con il Galles.”
Dopo quel biennio parte del gruppo proseguì il suo percorso approdando in Nazionale maggiore. Compreso Colombini. “Il salto il Nazionale maggiore è davvero impegnativo. Si avverte subito una grande differenza a livello fisico. Purtroppo ho giocato poco con i ‘grandi’, ma a sufficienza per rendermi conto che la differenza si sente, eccome. Occorre un impegno maggiore e grande costanza negli allenamenti. Purtroppo la differenza vera, nelle partite, la fa il fatto che tutti i giocatori delle Nazionali avversarie siano professionisti e nella vita facciano solo i calciatori. Noi invece dobbiamo fare i conti con una realtà ed uno stile di vita completamente differenti.”
Nazionale o no, gli anni passano ed Eugenio continua a giocare a calcio. Poi, nell’estate 2019, la “conversione” al futsal. Si tessera con il Domagnano e si mette subito d’impegno per adattarsi ad un contesto nuovo. Per imparare addirittura uno sport, nuovo. “Per vari motivi avevo deciso di lasciare il calcio e così mi sono buttato su un’esperienza nuova, diversa. Conoscevo poco il futsal, ne avevo un’idea vaga. Ma una volta varcata quella soglia, mi sono subito reso conto che è molto migliore di quel che credessi. Se questo sport mi è piaciuto fin dall’inizio il merito è senz’altro di mister Manuel Mussoni e dei miei compagni, coi quali ho creato subito uno splendido legame. Personalmente, devo perfezionare il mio ambientamento e continuare a lavorare per migliorare. Soprattutto, devo fare più gol.”
Domagnano che era in corsa su entrambi i fronti prima che lo sport, così come tanti altri aspetti della vita quotidiana, si fermasse per l’emergenza Coronavirus. “Considerando che la maggior parte di noi veniva dal calcio a 11, direi che la stagione stava andando piuttosto bene. Dobbiamo migliorare in costanza. Ci siamo fermati sul più bello, mentre ci stavamo giocando l’accesso ai play-off con un paio di avversarie dirette. Ma direi che, almeno per quest’anno, dobbiamo pazientare e pensare a raccogliere ciò che di positivo è stato fatto. Ripartiremo quando sarà ritenuto lecito, e lo faremo con intensità più forte di prima.”
FSGC | Ufficio Stampa
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